Manola, cittadina del mondo con radici in Sardegna

Manola è nata a Cagliari 41 anni fa, ma mancava dalla Sardegna da parecchi anni

Fino a pochi mesi fa risiedeva a Bodø, una cittadina di circa 50.000 abitanti affacciata sul mare della Norvegia e situata nella contea di Nordland, nel nord del paese. Ci era arrivata dopo aver girovagato per l’Europa in lungo e in largo alla ricerca di qualcosa che riempisse il suo desiderio di conoscere, sapere, vedere e scoprire. 

A volte il bisogno di lasciare la propria terra nasce nel profondo dell’anima, alimentato dalla voglia di andare incontro al mondo con spirito di libertà e conoscenza. E così è stato per Manola, che non scappava dalla miseria come tanti altri, ma forse era solo attratta dal desiderio di colmare un vuoto affettivo con qualcosa che l’aiutasse a star bene. 

La sua vita a Cagliari era iniziata nel migliore dei modi, con un papà in marina e una mamma che gestiva con successo una propria attività. Era proseguita senza intoppi con l’esperienza in una scuola privata gestita dalle suore, dove aveva scoperto la sua passione per le lingue straniere. Eppure le prime difficoltà non tardarono ad arrivare. 

Quando la sua famiglia si sbriciolò, aveva solo 10 anni. I suoi genitori si separarono e per Manola fu un duro colpo. «La tristezza, e a volte anche la rabbia, mi portarono a scrivere diari e poesie e a leggere tanto, di tutto. Una gran voglia di evadere dalla realtà mi portò a studiare altre lingue straniere. Sapevo che non appena mi sarebbe stato possibile sarei scappata all’estero per mettere in pratica ciò che avevo studiato e quel giorno arrivò, dopo aver conseguito il diploma all’istituto linguistico».

Nel momento in cui lei, nemmeno diciottenne, comprò un biglietto per la Germania, sua madre non riuscì a capire cosa la spingeva ad allontanarsi. Cercò di ostacolarne la partenza in tutti i modi, ma nulla poté contro la determinazione di Manola. «La vita in Germania non fu facile, faceva parecchio freddo, lavoravo tanto, dormivo poco, a volte spendevo più di quello che guadagnavo» mi confida «e come se non bastasse, dovetti pure subire un’operazione al ginocchio. Ma ero felice! Felice di migliorare il tedesco, felice di arricchire la mia vita di belle amicizie, felice di conoscere altri luoghi così diversi dalla Sardegna». 

Purtroppo però il decorso post operatorio di quell’intervento costrinse la giovane Manola a far ritorno in Sardegna per seguire una lunga fisioterapia. La nostalgia dei luoghi e delle persone che si aveva lasciato alle spalle la costrinse a tuffarsi nel lavoro per colmare questo nuovo vuoto. «Firmai un buonissimo contratto, con reali possibilità di carriera, ma non mi bastava. Volevo sapere di più e volevo conoscere meglio quella Sardegna così viva nei libri di Grazia Deledda che avevo letto. Fu così che un bel giorno mi licenziai per intraprendere gli studi universitari che in seguito mi avrebbero fatto specializzare come operatore culturale per il turismo».

In quegli anni Manola studiava la Sardegna, ma sognava altri paesi e altre culture. «Presi al volo l’occasione di vivere un anno universitario in Danimarca, grazie all’Erasmus e anche lì mi si aprì un mondo. Vidi per la prima volta la neve, quella vera! Ebbi la fortuna di vivere in una città bellissima, in sella alla mia inseparabile bici e in compagnia di amici che sarebbero poi rimasti nella mia vita. Non sentivo il disagio di andare in giro in bici in minigonna e con i tacchi alti in mezzo alla neve né di cenare nella cucina in comune con i cinesi che friggevano dalla mattina alla sera né di parlare di Kamasutra con gli amici indiani, perché il mondo Erasmus è questo, include, insegna e non giudica mai». 

Finita l’esperienza in Danimarca, che in base ad uno strano paradosso le insegnò a parlare lo spagnolo, si rese conto che viaggiare ormai era diventata per lei come una droga «facevo fatica a smettere e volevo scoprire sempre di più. Non mi importava di ciò che lasciavo a casa, sentivo solo l’adrenalina per ciò che avrei trovato e provato fuori dalla mia terra. Ero prossima alla laurea e molti dei miei colleghi universitari cercavano opportunità di lavoro in Sardegna, visto il percorso di studi. Io no». 

Questo desiderio sempre più forte la portò a lavorare e a viaggiare sulle navi da crociera, due sole settimane prima della laurea. Manola sulla ConcordiaMa la vita a bordo di una nave non fu così facile come lei aveva potuto immaginare. Mare mosso, ore interminabili di navigazione spese a bordo con le stesse persone e senza copertura telefonica, cabina piccola e condivisa, pasti in mensa, duro lavoro e tante, tantissime regole. «Toccare spesso terra spagnola mi fece venire il desiderio forte di imparare seriamente lo spagnolo e senza pensarci troppo sbarcai e rientrai in Sardegna. Ci rimasi il tempo necessario a trovare un qualsiasi lavoro che mi portasse in Spagna e lo trovai, dopo tante ricerche». 

L’esperienza spagnola di Manola iniziò come assistente di volo: un lavoro che le calzava a pennello.Manola assistente di volo Questa occupazione le permise di fare carriera rapidamente e legare amicizia con tante persone, ma qualcosa dentro cominciava a scricchiolare. «Mi capitava spesso di pensare alle mie sorelle, a mia madre che invecchiava senza potermi vivere veramente e alla mia terra che cominciava a chiamarmi. Pensai di farmi trasferire in Italia e perché no, in Sardegna, ma invece proprio in quel momento conobbi una persona che mi fece trasferire un po’ più a nord della Sardegna…in Norvegia! Non sapevo esattamente cosa mi aspettasse lassù, ma forte delle esperienze che avevo già maturato all’estero, feci la valigia e partii al suo seguito». 

La Norvegia vista dall’alto la lasciò senza fiato e non c’è da meravigliarsi, è una terra bellissima, con un panorama unico e una natura prorompente. «La solita adrenalina, nel venire a contatto con un posto nuovo e con una cultura diversa, mi scorreva nelle vene, ma avvertivo anche la preoccupazione di trovarmi così lontana da casa, dalla Sardegna.

Manola in Norvegia

 A differenza di tutti gli altri paesi in cui ero stata, qui non conoscevo la lingua e questo compromise inevitabilmente la mia carriera. Per inseguire il sogno di quell’amore nato in Spagna avevo messo da parte la mia famiglia, gli amici e pure la carriera». 

Inizialmente tutto questo per Manola non fu un problema, ma poi le giornate così fredde e buie, la difficoltà ad imparare una lingua così diversa e la difficoltà d’inserimento nel mondo del lavoro iniziarono a pesarle. «Piano piano cominciai a pensare a ciò che lasciavo in Sardegna e la nostalgia iniziò a farsi sentire in maniera pesante. Ma sono sarda e a noi sardi piace combattere le nostre battaglie per vincerle. Così un bel giorno decisi che avrei imparato la lingua e avrei ripreso in mano la mia scalata professionale». 

Manola si buttò a capofitto e lavorò sodo per ottenere entrambe le cose, ma non fu per niente facile. Tra un libro e un lavoro, uno dopo l’altro, le nacquero tre figli. I bimbi di Manola«E con la nascita dei bambini cambiarono tante cose, in bene e in male. Dovetti impostare le mie giornate in base alle loro esigenze e lavorare sul progetto di un’azienda tutta mia, la sera dopo averli messi a letto. Ero spesso sola con loro perché il mio compagno stava fuori per lavoro di frequente e mi facevo carico di tutto ciò che aveva a che fare con la loro crescita e con la casa. Furono i vicini a darmi una mano, inaspettatamente, e loro furono e sono tuttora parte della mia famiglia». 

Quando finalmente sembrava che tutto dovesse andare bene, qualcosa di molto brutto, quanto inaspettato, si materializzò all’improvviso. «Avevo una casa sul mare, tre bambini meravigliosi, vicini fantastici e un’attività che prometteva molto bene, ma la ragione per cui mi trovavo così lontana da casa e dalle mie radici venne a mancare da un giorno all’altro. Scoprii che il mio compagno mi tradiva, chissà da quando, e da quel momento non passarono molti giorni prima di ritrovarmi sola in casa con i tre bambini da crescere e un’attività ancora non avviata per via del Covid». 

Al trauma dell’amore finito nel peggiore dei modi, si sommò la tragedia della pandemia mondiale. «Dopo tanto lavoro e tanti sacrifici per integrarmi in quel paese così ostile, mi ritrovai costretta a rientrare in Sardegna con una valigia carica di sogni infranti e con tre figli da crescere». Un epilogo inaspettato e un brutto momento da superare anche per chi gli ostacoli è abituata a superarli. «E supererò anche questo» afferma ora con convinzione «Ma se qualche anno fa occupavo le mie giornate ad organizzare il prossimo viaggio, ora le occupo alla ricerca di un lavoro che possa garantire una vita dignitosa a me e ai miei figli». 

Un evento sfortunato che però ha trovato una persona organizzata e ottimista come Manola. «Sono rientrata in Sardegna consapevole di portare me e i miei figli al sicuro. Mi piace pensare che le batoste nella vita servano a farci prendere un’altra direzione e che ogni dolore comporti poi una rinascita. Quindi arriveranno presto giorni migliori. Potessi tornare indietro, rifarei sicuramente tutto» mi confida in conclusione, lasciandosi andare ad una breve riflessione. 

«Mi auguro che ai miei figli, così come alle nuove generazioni, sia data l’opportunità di viaggiare e di conoscere il mondo, perché solo così saranno in grado di capire ed apprezzare ciò che la Sardegna offre, in termini di calore umano, di cultura e di sapori. Vista sul portoSe non ci fossero stati gli aerei, non avrei vissuto neanche la metà delle esperienze che hanno segnato la mia vita. L’aereo per me è libertà, è vita, e ho sofferto spesso il fatto che la Sardegna fosse collegata così male al resto del mondo. Per questo ho abbracciato il progetto di Antonello, “Un’Isola in Volo”, perché ho a cuore la Sardegna, così come ho a cuore la libertà di ognuno di noi di poter raggiungere altre destinazioni nel mondo senza troppe peripezie». 

Manola si definisce una cittadina del mondo, «ma oggi sono consapevole di avere radici ben radicate in terra sarda e con un cuore che batte e combatte per realizzare sogni, piccoli o grandi che siano. Vorrei che la Sardegna venisse valorizzata di più e promossa a livello internazionale come merita e non solo per le sue spiagge. L’idea di una compagnia aerea creata e gestita da sardi può sembrare una follia, ma quante follie sono poi risultate geniali, tanto da cambiare il mondo?»

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