Pites, il sapore della passione in una goccia d’olio extravergine
Quando ho conosciuto Angelo ho capito subito che avevo di fronte una persona speciale, ma non avrei mai immaginato di diventare un giorno anche un estimatore convinto del prodotto della sua passione: il suo olio extravergine “Pites”.
Quel giorno era venuto da me per verificare se poteva installare un nuovo sistema gestionale in una delle attività che gestisco e mai avrei immaginato che l’uomo dagli occhi chiari e dall’aria mite e tranquilla che avevo di fronte, potesse essere il custode di tanta appassionata energia. Quella che gli permetteva di lasciare moglie e tre figli a Tempio Pausania, per andare a lavorare in un’azienda informatica a Sassari, proseguire la giornata lavorativa nella sua piccola tenuta agricola a Uri, e fare ritorno a Tempio per la notte. Ogni giorno.
«Per i miei prodotti c’è prima di tutto tanta passione ma anche tanto sacrificio e impegno» mi confida, quando gli chiedo di raccontarmi la sua storia e, vedendo quel che fa nelle giornate, c’è da credergli in pieno. «Sono figlio di contadini, o figlio della terra. La prima casa in cui ho vissuto era attaccata ad un frantoio e i nostri giochi di bambini erano quelli di lanciarci nelle foglie che venivano scartate nella lavorazione. Fin da quei tempi ho lavorato in campagna e non per divertimento, trascorrendoci tutte le estati e le vacanze natalizie».
«Avevo sei anni quando mio padre, oggi novantenne, mi ha portato a lavorare con lui, a dieci già aravo con il trattore e a dodici lavoravo con chi veniva a fare le giornate. Produrre olio è sempre stato presente nella mia famiglia. Mio padre mi racconta delle produzioni che faceva mio nonno e ancora oggi desidera andare a vedere l’oliveto e raccontarmi le stesse storie sentite centinaia di volte su come fare un lavoro o un altro. L’oliveto e la Pites sono sempre oggetto dei nostri discorsi e forse è il filo che ci lega».
Ma i suoi occhi di bambino volevano conoscere anche altro. Angelo non voleva che nella sua vita ci fosse solo la terra e il trattore. «E così ho studiato informatica per fare un percorso che fosse totalmente opposto alla campagna» mi spiega «Quando ho finito gli studi superiori, ho fatto il militare e prima di riuscire a iscrivermi all’università ho ricevuto una proposta di lavoro da una società informatica di Milano e sono partito».
«Ho lavorato a Milano per quattro anni, avendo la fortuna di conoscere persone di alto profilo professionale e umano. È stata una grande scuola di vita e la mia carriera professionale andava alla grande. Purtroppo però vivevo per lavorare. Tutti quelli con cui parlavo mi dicevano che essere sardo era una grande fortuna e così, a poco a poco, quella terra che era stata la mia ragione di fuga, è diventata la ragione del mio rientro. Appena l’ho capito, mi sono dimesso da quella azienda e sono tornato».
Era appena iniziato il nuovo millennio, l’informatica dominava già le nostre vite e Angelo dovette appena alzare un dito per trovare un lavoro che non vanificasse i suoi anni di studi ed esperienza. E dopo essere rientrato in Sardegna riprende subito in mano quello che aveva abbandonato. Ritorna a servire la terra, ma con una consapevolezza diversa. Grazie a un fazzoletto di vigna ereditato dallo zio, crea un vigneto da zero e diventa socio della Cantina di Santa Maria la Palma. Poi lo ingrandisce, ma quello è solo l’inizio.
«In seguito ho avuto la grande fortuna di riprendere in mano degli appezzamenti di oliveto secolare, che erano dei miei bisnonni. La passione si è sposata con la competenza e così è nata Pites. Ma non era più sufficiente essere solo un contadino, bisognava capire di più. Ho fatto dei percorsi di crescita professionale che, grazie a tecnici competenti, mi hanno aiutato a capire tanto e tanto c’è ancora da capire».
Eppure, nonostante la grande umiltà nel parlare di ciò che lo riguarda, a sentirlo sembra che qualcosa l’abbia già capita, e forse anche più di qualcosa. Quando racconta del suo lavoro in campagna i suoi occhi da “contadino atipico“, come lui stesso ama definirsi, si illuminano. Come quelli di un uomo che ama vivere a contatto della natura che lo ospita e che sente il dovere di rispettarla e servirla ancora prima di servire il proprio lavoro.
«Per questo cerco di fare sempre più delle pratiche agronomiche che siano in simbiosi con la natura. Non uso diserbanti, niente fitofarmaci se non strettamente necessari, pochissimi concimi minerali e sempre più organici. Ma anche poche lavorazioni del terreno per favorire la vita degli insetti e la biodiversità. Insomma, mi considero molto attento alla natura e infatti già da cinque anni ho il certificato di “Qualità Sostenibile” rilasciato da una società che fa parte del Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata».
E il rapporto speciale che ha con la natura, di cui si sente parte, pare essere il suo segreto. Un qualcosa che lo fa star bene con la pioggia o con il sole e che nonostante il tanto lavoro lo aiuta a non sentirne il peso e a salvaguardare il suo prodotto. «Da sempre il mio motto è stato “La qualità prima di tutto”. Lo so, sembra una frase fatta, ma invece si porta dietro un mondo. Perché la qualità non arriva da sola, ma va ricercata con impegno e sacrificio, talvolta anche economico».
«Come quando vado a raccogliere le olive in anticipo per avere una maggiore qualità a discapito della resa. O come quando si favorisce l’ingresso della luce durante l’anno per migliorare la fotosintesi della pianta. Oppure, ancora, quando si ossigenano le radici con la semina di graminacee che poi si sotterrano nel periodo primaverile. Tutte queste logiche richiedono un impegno che favorisce la qualità, ma che per contro, ne sono consapevole, si supportano con un impegno economico maggiore».
E su questi presupposti la sua Pites è cresciuta fino a diventare una “piccola” ma solida realtà. Una dimensione di cui Angelo è soddisfatto, tanto da includerla anche nel nome, un acronimo che significa proprio “PIccole TEnute Sogos”. «Non ho interessi di espansione e di crescita» mi ribadisce «aumentare il potenziale di Pites richiederebbe un impegno di tempo che non ho e che mi costringerebbe a rinunce che ora non potrei fare».
«Inoltre» prosegue «con una crescita ulteriore dovrei dotarmi di una etichetta, con la conseguenza che gli alti costi burocratici andrebbero a penalizzare il prezzo di vendita dell’olio. Insomma, preferisco rimanere così, con un prodotto di nicchia che si distingue dagli altri per la qualità. Voglio continuare ad avere la “fortuna” di vendere tutto il prodotto della stagione, di conoscere personalmente ogni cliente e di mandare il mio olio in varie parti della Sardegna senza bisogno di pubblicità se non il passaparola. In continente vendo a Lucca, Milano, Verona, Verbania, Cesena e con qualche cliente arrivo fino in Francia».
La sua visione di qualità, rappresentata dall’origine e dalla storia del prodotto, sembra essere quella giusta. «La qualità va raccontata e spiegata» mi istruisce «il gusto poi fa il resto. Chiaramente cerco di dare un valore economico equilibrato, che sia vicino a chi compra e allo stesso tempo vicino alla qualità stessa. E il mio vero obiettivo è lasciare che questa filosofia venga portata avanti dai miei figli. La ricerca della qualità e del miglioramento, al contrario, sono sempre stati uno stimolo a far meglio, ma non un obiettivo. Per obiettivo intendo quello che vorrei che fosse domani e a questo proposito ti dico che ci terrei a sostenere la tua iniziativa (Un’isola in volo – ndr) perché ci vedo una voglia di sostenere una terra che ha ancora tanti limiti e ancora tanta strada da fare».
«Il tuo progetto è veramente interessante» continua a dirmi, mentre io vorrei ancora parlare di lui e del suo olio «e penso che ci vorrebbero tante altre persone come te, che hanno voglia e capacità di intraprendere un percorso duro, faticoso e spero ricco di soddisfazione. Le mie possibilità purtroppo sono limitate in termini di tempo, però credo in quello che fai e vorrei acquistare qualche quota della cooperativa Co.Ri.Sardegna» mi preannuncia. «Non mi interessa averne un ritorno, voglio semplicemente sostenere un progetto che comunque vada sarà positivo per tutta l’isola. Spero tu possa avere la forza e la fortuna di portarlo avanti il più possibile».
Questo è Angelo Sogos, classe 1974, fondatore di “Pites”, l’Olio extravergine dal profumo intenso “fattu in Sardigna”. Non cercatelo su Facebook, nè su Twitter o Instagram, non mandategli messaggi su Whatsapp, Telegram o Signal, non li usa, o forse non ne ha il tempo. Se avete bisogno di parlare con lui, andate ad Uri e cercate la “Pites”, poi chiamate forte.
Se il trattore è spento in genere sente subito.
Antonello Bombagi per Fattu in Sardigna – © Tutti i diritti riservati