In questi ultimi giorni si è fatto un gran parlare di politica, ma non per problemi o temi che l’azione efficace di qualcuno vorrebbe risolvere, no, si è parlato di “politica” e basta.

In buona sostanza, come avviene ormai da qualche decennio, la politica parla di politica. Cioè di se stessa e senza curarsi di ciò che dovrebbe: ad esempio risolvere i problemi della comunità. E d’altronde, se in precedenza qualcuno si fosse interessato alla soluzione del “problema sardo”, il progetto “Un’isola in volo” che mi onoro di rappresentare, non sarebbe mai nato.

Eppure il movimento che ne ha sostenuto la sua messa in cantiere non si configura nell’antipolitica e tantomeno vuole sostituirsi ad essa. Semplicemente, rappresenta un insieme di persone che non è più disposto ad aspettare nessuno. Non vuole più vedere i propri figli costretti a partire per garantirsi la sopravvivenza. Non accetta più che i borghi si spopolino perché rimasti senza servizi e senza infrastrutture. Né, infine, vuole continuare a pagare i costi che l’isolamento produce: circa 5700 euro annui a testa. Tutte cose che significano: miseria, arretratezza e sottosviluppo. 

Nonostante tutto però, la “politica”, o meglio i politici di professione, vedono il progetto in malo modo e l’intento di oscurarne la realtà è ormai diventato fin troppo evidente. Come noto, a questo progetto si sono interessate testate autorevoli della stampa nazionale e internazionale, ma stranamente nessuno dei due quotidiani sardi. E non perché ignorino la nostra esistenza, giacché abbiamo provveduto a dar loro notizia, ma piuttosto per qualche loro interesse a noi sconosciuto.

L’ultimo esempio è solo di qualche giorno fa, quando il principale quotidiano del sud sardegna titolava “Continuità senza aiuti si può: ecco il progetto per la compagnia regionale

“Si sta concretizzando il gruppo facebook nato qualche tempo fa?” Chiede prontamente un lettore (F.T.), ma niente di tutto questo, ovviamente. La triste realtà è che per il quotidiano cagliaritano il gruppo di 80.000 sardi che sostiene il progetto “Un’isola in volo” non esiste. Al punto che, pur di non parlarne ma stare comunque “sul pezzo” di un argomento che interessa buona parte degli isolani, ripiega su quello elaborato da Simone Congiu, una nostra vecchia conoscenza

Il 21 febbraio u.s. Il dott. Congiu mi contattava per offrire la sua collaborazione e nell’occasione propose il suo business plan già bell’e pronto. Un lavoro che con i miei collaboratori più stretti abbiamo esaminato con attenzione, ma che si è dovuto accantonare per l’esosità delle risorse necessarie a metterlo in piedi: 300 milioni di euro.

Ho comunque continuato a dialogare con lui, invitandolo ad andare avanti nel suo lavoro di analisi e studio offrendogli io stesso la collaborazione del nostro supervisore. E il tutto è andato avanti finché il Congiu non mi ha comunicato che avrebbe dovuto incontrare alcuni referenti politici. Da quel momento in poi le comunicazioni si sono misteriosamente interrotte da parte sua e oggi ritroviamo quello stesso business plan “presentato” come la panacea dei nostri problemi. Qualcosa di già deciso e pronto a realizzarsi. Da chi? E soprattutto con la benedizione di chi?

Avrei qualche idea in proposito, ma in realtà non mi interessa approfondire più di tanto. “Un’isola in volo” è nato proprio per non sottostare più a tali logiche ed è per questo che ho preferito fare affidamento su 80.000 persone semplici, piuttosto che su un pugno di politici prezzolati. Perché le strade sono due: quella indipendente e virtuosa di un progetto autofinanziato di libertà e sviluppo, come lo è “Un’isola in volo”, o quella che passa attraverso la benedizione di pezzi maleodoranti della politica.

Se stiamo uniti e sosterrete il progetto, possiamo farcela. Altrimenti, vinceranno loro

Antonello

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